Ricerca Avanzata
   Tribunale di Bologna
   Tribunali Emilia-Romagna
   Corte d'Appello di Bologna
   Lo Studio nelle Alte Corti
 
Corte d'Appello di Bologna > Patto di prova
Data: 02/08/2003
Giudice: Benassi
Tipo Provvedimento: Sentenza
Numero Provvedimento: 170/03
Parti: Morelli / U.P.S. srl
RECESSO IN PROVA - INDICAZIONE SPECIFICA DELLE MANSIONI: RICHIAMO AL CCNL: SUFFICIENZA -VALUTAZIONE SULLA PERSONALITA' COMPLESSIVA DELLA LAVORATRICE


Un'impiegata assunta con un periodo di prova di mesi tre di effettivo lavoro in mansioni di "Account Executive Business Develpoment Departement" e poi licenziata dopo soli 18 giorni di lavoro dopo essere stata adibita genericamente in affiancamento dei colleghi ovvero in mansioni puramente esecutive impugnava il proprio recesso eccependo una serie di motivi di illegittimità, che davano modo ai giudici della Corte d'Appello (ai quali la stessa di rivolgeva dopo essere risultata soccombente in primo grado) di pronunciarsi su diverse questioni che caratterizzano la fattispecie. SPECIFICA INDICAZIONE DELLE MANSIONI DA ESPLETARE. La Corte d'Appello, pur condividendo il principio secondo cui il patto di prova deve non solo risultare da atto scritto, ma contenere anche la specifica indicazione delle mansioni, dichiara che "l'esigenza della specificità può essere soddisfatta anche con il riferimento al sistema classificatorio della contrattazione collettiva, perché, tramite il detto rinvio, il contenuto delle mansioni non ha alcun margine di indeterminabilità (V. Cass. n. 14850/00)": nel caso concreto doveva considerarsi sufficiente il fatto che la lavoratrice fosse inquadrata nel secondo livello del CCNL Trasporti, richiamato nella lettera di assunzione, e che in detto inquadramento rientrassero le mansioni di "acquisitore di traffici internazionali e/o nazionali" a nulla rilevando che le stesse nella lettera di assunzione fossero indicate in lingua inglese. MOTIVAZIONE. La Corte, ribadisce che il recesso intimato nel corso o al termine del periodo di prova, data la sua natura discrezionale, non deve essere motivato (v. Cass. n. 2228/99; n. 7644/98; n. 2631/96) sicchè incombe su lavoratore l'onere di provare che il recesso è stato determinato da motivo illecito, o che la prova non si è svolta in tempi e modalità adeguati o che essa è stata positivamente superata. Inoltre nel periodo di prova gli obblighi fondamentali di fedeltà, correttezza e diligenza, cui il lavoratore è tenuto, investono non solo e non tanto la prestazione lavorativa, quanto (e soprattutto) la personalità complessiva del prestatore d'opera (V. Cass. n. 9948/01; n. 5714/99). INADEGUATEZZA DELLA DURATA DELLA PROVA. Irrilevante è stata ritenuta l'eccezione del periodo troppo breve di "sperimentazione" a fronte di novanta giorni di effettivo lavoro previsti come prova dalla lettera di assunzione, con richiamo a quella giurisprudenza del Supremo Collegio (v. Cass. n. 9948/01; n. 2228/99; n. 2631/96; n. 12814/92) secondo cui la facoltà di recesso può essere esercitata non solo al termine ma anche nel corso del periodo di prova, essendo onere del lavoratore dimostrare che il rapporto in prova si è svolto in tempi e con modalità inadeguate rispetto alla funzione del patto, da valutarsi essenzialmente sulla base delle clausole generali di correttezza e buona fede, di cui agli articoli 1175 e 1375 cod. civ. In conclusione la Corte d'Appello ha ritenuto di confermare la decisione del Tribunale di Bologna, che ha considerato insindacabile, e quindi legittimo, un giudizio negativo sulla prova di non idoneità alle mansioni di venditrice fondato non solo sulla prestazione lavorativa ma, soprattutto, sulla personalità complessiva della lavoratrice